Stamattina non volevo scrivere niente; inizio a stufarmi di ricordare persone che mi hanno dato qualcosa e che ci lasciano. Ma da Luis Sepulveda ho ricevuto qualcosa d’importante.
Era il 1999 e, pochi mesi prima di partire per il viaggio che avrebbe cambiato la mia vita, lessi un’intervista di Luis Sepulveda, credo su La Repubblica. Raccontava la sua storia di esule, un po’ fuggiasco, un po’ zingaro; la sua vita ora in Germania, ora in Spagna e a un certo punto disse qualcosa che mi illuminò. Beh, disse al giornalista: “la tua patria è dove scegli di vivere”. E io, che sarei partito tra mille ansie per un viaggio, il mio primo periodo di studio all’estero, quasi per magia, mi tranquillizzai; ma solo per qualche giorno. Andai in libreria e comprai Patagonia Express. Lo iniziai a leggere qualche settimana dopo il mio peregrinare sofferente per Barcelona, nell’appartamento in cui abitavo nel Barrio Gotico. Il mio primo libro in spagnolo. Francesco e Francesco, i miei coinquilini, si ricorderanno bene: doveva essere un tentativo di lettura per migliorare il nostro spagnolo. Ma proprio all’inizio del libro, prima di parlare di quel mondo fantastico e affascinante che è la Patagonia, giù alla fine del mondo, trovai una descrizione del suo incontro con Bruce Chatwin al Cafè Zurich di Barcelona. Destato da qualcosa di eccitante, mi alzai in piedi e uscii di casa. Iniziai a leggere quasi tutti i giorni in quel caffè, provando ad annusare l’atmosfera poetica che percepivo ai tavolini all’aperto, circondato da svolazzanti piccioni catalani, liberi come la sensazione che avevo guardando i miei nuovi concittadini mentre si muovevano dalla metro a le Ramblas. Per la prima volta mi resi conto che ero libero e in viaggio, senza una bussola, ma libero e in viaggio.
Grazie infinite Luis.